Luisa Negri – 2014

Quando l’ ARTE è vita e evoluzione

Al Chiostro di Voltorre un’antologica dedicata a Enea Orlando Bolzoni – 2014

Le sale del Chiostro di Voltorre propongono, in oltre cento opere, un’antologica, dedicata a Enea Bolzoni, che copre un lungo e vario viaggio tra colori e forme, compiuto nel corso di una vita dedicata all’arte.
Bolzoni, nato a Casorate Sempione nel 1937, un infinito elenco di mostre e importanti premi all’attivo, è esempio tipico dell’artista che nel suo mestiere tutto ha dato, coltivando, in laborioso silenzio, il naturale talento e la passione.
L’antologica, curata da Fabrizia Buzio Negri, ripercorre i cinque periodi fondamentali di un percorso che lo stesso protagonista ritiene qualificanti, per tempi, temi, e sentimenti espressi, di quella che lui definisce, osservando il suo cammino come s’osserva un frammento d’universo, “la grande evoluzione”. Una metamorfosi che lo ha condotto dall’incipit degli anni Sessanta di una pittura rivolta ai Maestri, studiati e spiati a lungo nei musei , a una personale interpretazione dell’attualità, giocata tra siderali visioni di liquidi paesaggi astrali e fantastiche proiezioni di interiori camminamenti. Visionando le tante opere di una vita, segni e atmosfere rimandano alla lettura dei grandi artisti che l’hanno incantato, da Cézanne a Chagall, da Balla a Dali, forse anche a Carrà e alle sue spiazzanti essenziali creature vegetali dal realismo magico, “sbalzate“ su fondali che sanno d’infinito.
Il viaggio artistico di Bolzoni parte dalle prime, curiose opere, dipinte su cuoio e generate da una passione venuta assecondando il mestiere del padre sellaio: sono lavori di sapore antico e di raffinato esito, figure femminili immerse in nitidi paesaggi silenti, o riproposizioni di citta’ storiche italiane.
Padre e figlio lavoravano per Enel e Stipel, fornivano le borse in cuoio per attrezzi. Di queste panciute borsette in pelle, color cognac, con tracolla e cinghie e fibbie, maneggevoli, solide e belle a vedersi, ancora oggi visibili nello studio di Albizzate, ne fornirono tante, tutte uscite dal laboratorio paterno. “Io – spiega Enea Orlando – completavo realizzando la parte artistica”.
Alla raffinatezza dei prodotti del laboratorio Bolzoni, s’interessò a un certo punto anche la casa editrice Mondadori, per le copertine dei suoi libri. Ma non se ne fece niente, perché la richiesta comportava un lavoro ripetitivo, seriale. Impossibile per chi, come lui, non ama ripetere se stesso.
Le fasi successive, con l’olio e poi l’acrilico, lo hanno condotto da una vocazione post futurista, dal 75 all’89, giocata sul movimento e sulla ricerca del colore come vibrazione, a un terzo periodo, dal 90 al 95, di intensa vitalità materica e cromatica, al quarto (1996-2000) e al quinto, tra folgorazioni poetiche e musicali fino a una evoluzione-elevazione: dove lo sguardo è quello dell’amore intenso come motore dell’universo, di una natura vista non come matrigna, ma come incontestabile impronta divina del bello e del buono. “Tutto quanto è natura, anche nelle apparenti difformità e brutture, io lo considero bello e buono”.
I tempi difficili toccati da Bolzoni in alcune sue opere, come “Lo stupro”, o “L’ermafrodito”, sono guardati con l’occhio di chi fa dell’arte uno strumento che osserva e indaga, ma sospende ogni umano giudizio e spalanca la porta alla speranza. Il tema religioso è simboleggiato, oltre che dal sentimento che pervade l’intero percorso espositivo, dalla presenza di una curiosa croce, soggetto caro all’artista, sviluppato questa volta in forma di pittura-scultura.
Ma i temi offerti in mostra sono infiniti: dall’evoluzione leggera di una farfalla che sguscia dal suo bozzolo, a tattili presenze disseccate, di fiori e foglie veri, su tela o su foglio.
A trame sottili di colore, tra sbavature d’argento e infrazioni del segno, che compongono cascate di musica.
A volte la citazione musicale si fa esplicita, come nelle opere dedicate a Respighi o Vivaldi. E Bolzoni, dotto autodidatta, svela dunque qui anche la passione per il violino, lungamente studiato. Le piu’ recenti opere del suo percorso artistico sono infine giocate in un rilievo cromatico, illiquidito da spruzzi sapienti di acqua, da pennellate lunghe e trascinate, o sospinte verso percorsi che allargano la visione a un universo smisurato: quasi corpi celesti, inafferrabili presenze cosmiche che l’artista colloca in uno spazio di apparente silenzio. In realtà, anche qui, la musica arriva, a chi ne sa riconoscere le note nascoste.
Lo studio dell’artista ad Albizzate, racconta di un impegno totalizzante, testimonia di una produzione ricchissima, di un lavoro cui non si è mai sottratto, di una ricerca scrupolosa che dura da una vita. Con un dotto professore amico, il giovane Enea Orlando amava confrontarsi in ore di conversazione, che sfociano in lavoro. Lavoro notturno, lo confessa, sottratto al sonno e aggiunto al lavoro quotidiano. “Quell’amicizia – ricorda – mi ha insegnato tanto”.
Conserva ancora oggi volumi di carte, di una carta fine da macchina, contenute in raccoglitori dalle copertine in pelle: dense di appunti, considerazioni e informazioni sull’arte antica: l’egizia, l’ellenica, l’atzeca e tanto altro ancora. Un lavoro di mano e di cuore, d’intelligenza e volontà, di approfondimento e curiosità d’innamorato. Un gran lavoro di battitura a macchina sulle prime Olivetti e di disegno, per lo piu’ a china, come si fa negli studi d’accademia.
Una nota di curiosità. L’artista da sempre lavora come Pollock, le ginocchia sul pavimento, le spalle curve a guidare i grandi pennelli o qualunque mezzo gli sia utile a lasciare che l’acrilico scorra sulla carta, come un fiume che va, tra spruzzi di colore, trasparenze e fantasmiche infiorescenze, per seguire quel percorso che la mente ha già costruito, da prima.
La pittura e’ solo la manovra tecnica, dice, il necessario imprinting sorretto dalla perizia, dalla memoria, dalla conoscenza e fiducia nell’arte. Sua inseparabile compagna di una vita.